Sicuramente uno dei problemi più evidenti del nostro ordinamento giuridico è l’eccesso di legificazione. Non riusciamo a liberarci della cattiva abitudine di ricorrere alla legge come strumento di risoluzione delle più disparate esigenze della collettività, cosa che mortifica lo spazio e la funzione che sono costituzionalmente propri dell’attività legislativa. L’eccesso di leggi crea scoordinamento tra norme e progressivo deterioramento del loro contenuto, e i giuristi presenti in quest’aula sanno bene di cosa parlo. Siamo circondati da norme dettagliate e frammentarie, che creano incertezza del “diritto” e dei diritti, oltre che confusione e disordine.
Qualche giorno fa abbiamo speso il nostro tempo (generosamente retribuito dai cittadini) per discutere una legge che intende disciplinare la “manutenzione e l’ottimizzazione delle piccole aree a verde cittadine”. Una cosa che i Comuni fanno (o come possono fare) già con semplici regolamenti. Attenzione, non mettiamo in discussione l’importanza di dare adeguata tutela al verde urbano, ma tutto ciò si dovrebbe, e potrebbe, fare con una legge che avesse una prospettiva decisamente più ampia, rispetto a quella del ddl arrivato martedì scorso in aula.
E’ per questo che in questi giorni ho messo a punto un Disegno di Legge che spinga i Comuni ad una vera e propria «pianificazione ecologica» del proprio territorio, attraverso un nuovo strumento operativo che si affianchi agli strumenti urbanistici vigenti e si occupi in maniera più specifica della cosiddetta «forestazione urbana», incrementando la presenza arborea nei centri urbani e salvaguardando quella esistente. Una legge organica che ben assolvi alle sue funzioni “tipiche” in questo caso derivanti direttamente dalla tutela del paesaggio previsto dall’art. 9 della Costituzione e che non si limiti ad essere una sua frammentaria e inutile costola.