Cannabis: Sicuri che il proibizionismo sia la soluzione?

11 Lug 2020

In seno all’Assemblea regionale siciliana abbiamo proposto una cosiddetta “legge voto”, di cui sono prima firmataria, con questo titolo “Disegno di legge da sottoporre al Parlamento della Repubblica, ai sensi dell’articolo 18 dello Statuto, recante disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati”.

 Ci poniamo, un compito particolare, arduo; ci assumiamo una responsabilità ingombrante. Nessuno, a parte noi, dentro l’Ars, lo ritiene necessario, d’altronde non è in ambito regionale che può trovare meta e soluzione. Eppure, non volevo sottrarmi nell’esprimere il mio pensiero politico su un argomento come questo:

“Le donne non hanno già diritto al voto? Gli animali sono ancora considerati come cose? Il divorzio è riconosciuto da una legge? E il diritto all’aborto pure? L’omosessualità è ancora perseguito dalle leggi dello Stato?”

La risposta è una sola: “Tante cose che un tempo erano proibite non lo sono più, tante cose considerate sbagliate oggi non lo sono più, l’umanità va avanti, sbagliando e progredendo, e in fondo la storia è il miglior tribunale possibile, per discriminare fra il bene e il male”.

La Cannabis ancora oggi è considerata “droga”, una sostanza stupefacente che induce alla dipendenza. La Cannabis è proibita dalle leggi italiane attuali come 500 anni fa lo erano le erbe terapeutiche e i medicamenti delle cosiddette “streghe”. La Cannabis, per certuni, è ancora il demonio che corrompe le giovani generazioni: come fosse un vero e proprio personaggio in carne ed ossa, una sorta di cattivissimo stregone verde, nemico della società e del vivere civile. Tutte queste dissertazioni, questi strampalati convincimenti, queste storture ideologiche appaiono, finalmente, alla stragrande maggioranza della popolazione italiana, come una esplicita e irragionevole “superstizione”. Il proibizionismo attuale contro la Cannabis è frutto di una ignoranza alimentata e coltivata dalle mafie che la vendono illegalmente per continuare a guadagnare miliardi di miliardi di euro e dollari.

 

ALCUNI DATI SULLE DIPENDENZE

ALCOL: Una ricerca recente pubblicata sulla rivista “scientific report” affiliata di nature dice che l’alcool ha un indice di pericolosità 114 volte superiore alla cannabis. I più recenti dati dell’ISTAT indicano che il 75% degli italiani consuma alcool (l’87% degli uomini e il 63% delle donne). Sono oltre 3 milioni i bevitori a rischio ed 1 milione gli alcolisti; Complessivamente, il 10% dei ricoveri è attribuibile all’alcool; Ogni anno in Italia circa 40.000 persone muoiono a causa dell’alcool per cirrosi epatica, tumori, infarto del miocardio, suicidi, omicidi, incidenti stradali e domestici e per incidenti in ambienti lavorativi.

TABACCOSecondo i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanità nel solo 2017, il tabacco è responsabile della morte di 3,3 milioni di consumatori e persone esposte al fumo passivo. In particolare, un milione e mezzo di persone hanno perso la vita per malattie respiratorie croniche, 1,2 milioni per cancro (alla trachea, ai bronchi e ai polmoni), 600mila per infezioni respiratorie e tubercolosi. Non solo: più di 60mila bambini con meno di 5 anni sono morti a causa di infezioni alle basse vie respiratorie in seguito a fumo passivo. I numeri in Italia: In base all’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sono 11,6 milioni i fumatori, più di un italiano su cinque. Gli uomini sono 7,1 milioni e le donne 4,5 milioni. In Italia le sigarette causano annualmente la morte di 80mila persone, come se fosse ogni anno fosse ‘cancellata’ una città grande come Varese. Il fumo di sigaretta è la prima causa di tumore ai polmoni ed è responsabile per oltre i due terzi della mortalità per questo tipo di tumore.

GIOCO D’AZZARDO: Stando agli ultimi dati disponibili resi pubblici dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nel dicembre 2018, ogni anno gli italiani spendono circa 100 miliardi di euro tra videolottery, bingo, scommesse virtuali, pronostici sportivi e altri giochi d’azzardo, con un’entrata per l’Erario pari a 10 miliardi. Circa 17 milioni di italiani cioè il 42,8% della popolazione, hanno giocato almeno una volta. Secondo una recente ricerca condotta dal Cnr di Pisa, in Italia i giocatori problematici sarebbero 400 mila: in dieci anni il numero è aumentato di quattro volte. Tutto ciò si è accompagnato all’aggravarsi di un altro fenomeno, quello della vera e propria dipendenza, nota come ludopatia. I giocatori ludopatici attualmente in cura sono all’incirca 12 mila, ma secondo una recente inchiesta dell’Espresso ci sarebbero ben 790 mila persone a rischio o già colpite dal disturbo. Di questi ben il 50% sarebbe disoccupato, mentre il 17% pensionato. Secondo uno studio recente dell’Ausl Bologna, oltre alla dipendenza dall’azzardo, i giocatori patologici hanno più probabilità di ammalarsi di tumore o di malattie cardiocircolatorie rispetto alle altre persone. La conseguenza peggiore della ludopatia può essere il suicidio oppure una forma estrema di isolamento sociale e depressione con la perdita dell’intero contesto sociale, lavorativo e affettivo. Come dimostra uno studio elaborato a Hong Kong su scala mondiale, il 48% dei suicidi è dovuto al sovraindebitamento causato dal gioco d’azzardo.

CANNABIS: La cannabis risulta di gran lunga la sostanza illecita più sequestrata a livello europeo. Nell’ultimo anno ne hanno fatto uso in Europa 24 milioni di adulti. In Italia la stima è di 5-6 milioni di consumatori (dati Istat). Sono circa 90mila gli studenti italiani che riferiscono di consumare pressoché quotidianamente cannabis e quasi 150mila sembrano farne un uso problematico. La cannabis è dunque la sostanza psicoattiva più diffusa sia tra la popolazione adulta sia tra i giovanissimi, ma la percentuale di persone che ricorrono alle cure nei servizi pubblici non è alta: solo l’11% del totale dell’utenza, mentre i ricoveri ospedalieri da imputare all’uso di cannabis sono solo il 12% di quelli legati a uso di droghe. Nessuna morte

 

SICURI CHE IL PROIBIZIONISMO SIA LA SOLUZIONE?

È ormai noto, e difficilmente contestabile, che le leggi proibizioniste producono effetti contrari proprio rispetto all’obiettivo che si sono prefissate. Il proibizionismo non essendo riuscito né a debellare e nemmeno a ridurre significativamente la produzione, il consumo e il traffico della cannabis, così come contenuto e disposto nelle tre Convenzioni delle Nazioni Unite ratificate e rese esecutive dall’Italia dalla metà degli anni sessanta al 1990, è divenuto ormai il vero «male» e non la cura. Anzi, oggi, si può affermare, con dati alla mano, che il proibizionismo incentivi la richiesta; rende il “prodotto” più attraente e accattivante, un paradosso, certamente, ma è semplicemente la fotografia della realtà attuale.

 

I VANTAGGI DELLA LEGALIZZAZIONE

1) AGGREDIRE LE ENTRATE DELLA CRIMINALITÀ

L’attuale stato delle cose favorisce quindi solo ed esclusivamente il crimine. La Direzione Nazionale Antimafia, nelle sue consuete relazioni, oramai dal 2015, dice che dalla cancellazione del reato di produzione e vendita della cannabis, che rappresenta più della metà del mercato degli stupefacenti, il risparmio generato ammonterebbe a quasi 800 milioni di euro, in seguito alle minori spese giudiziarie, carcerarie e quelle relative all’ordine pubblico ed alla sicurezza. Risorse economiche che potrebbero essere utilmente spostate, invece, al contrasto delle droghe pesanti, come cocaina, eroina e sostanze sintetiche, queste sì realmente pericolose. La stessa Direzione, nella relazione del 2017, è andata anche oltre, pronunciandosi favorevolmente alla legalizzazione e certificando, di fatto, il fallimento delle politiche proibizioniste, evidenziando come il dirottare ulteriori risorse su questo fronte avrebbe ridotto l’azione repressiva sulle emergenze criminali concretamente virulente, quali quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso.

2) RIDURRELA PRESA PUBBLICA USATA PER LA PROIBIZIONE DELL’USO DELLA CANNABIS

Una presa di posizione, quella della DNA, che il Procuratore Nazionale Antimafia ha reiterato a luglio 2016, esprimendo un parere favorevole sui progetti di legge in materia di legalizzazione della cannabis depositati nel corso della XVII legislatura. A questa posizione si sono affiancati anche il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, nonché il segretario del Sindacato Italiano Unitario dei Lavoratori della Polizia di Stato (SIULP).

E’ evidente che la possibilità di coltivare, magari sul proprio balcone, alcune piantine di marijuana ridurrebbe notevolmente il mercato illegale e il colpo inferto alla criminalità organizzata sarebbe devastante: si stima in circa 30 miliardi di euro l’importo del mercato nero per il comparto delle sostanze stupefacenti in Italia, pari a circa il 2% del Pil nazionale. Ecco perché chi si oppone alla legalizzazione della cannabis, consapevolmente o meno, sta facendo un enorme regalo alle mafie.

3) AVERE MAGGIORE GETTITO FISCALE DERIVATO DALLA TASSAZIONE

L’aspetto economico della problematica, comunque, non è meno incidente rispetto a quello della pericolosità sociale. Difatti, a causa di un commercio che l’attuale legislazione proibizionista concede in monopolio alla criminalità organizzata, vi è poi da aggiungere anche la perdita secca per l’erario. A tal proposito riteniamo che le accortezze e le avvertenze prevedibili con una ragionevole proposta di legge pro-legalizzazione potranno contribuire in modo strutturale a produrre ingenti benefìci economici, almeno di tre tipi: la riduzione della spesa pubblica attualmente impiegata per la proibizione; l’emersione delle transazioni del mercato nero e quindi la crescita quantitativa del prodotto interno lordo ufficiale; un maggiore gettito fiscale derivante dalla tassazione della produzione e della vendita della cannabis e suoi derivati..

4) IL CONSUMATORE NON CORRE I RISCHI DELL’ACQUISTO DAL MERCATO NERO

Ma l’aspetto più importante, e anche il più preoccupante, è rappresentato dal numero di cittadini, giovani e adulti, che in Italia, ogni anno, fanno uso di hashish o marijuana: sono ben oltre i 5 milioni. Comuni cittadini che sono costretti a rivolgersi al mercato nero, ovvero, ad un mercato criminale, pericoloso per la società e per se stessi. Da notare, fra l’altro, che questi consumatori abituali o sporadici, oltre ad essere costretti ad entrare in relazione con piccoli spacciatori, delinquenti e quant’altro, si trovano il più delle volte obbligati ad acquistare prodotti molto pericolosi per la propria salute. In uno studio del 2016 l’Università di Berna ha analizzato 191 campioni di marijuana, sequestrati dalle forze dell’ordine sul territorio svizzero. La scoperta è stata preoccupante: il 91% di questi prodotti è contaminato. Nei campioni sono stati trovati ammoniaca, lacca, lana di vetro, piombo, alluminio, ferro, cromo e cobalto.

5) NEGLI STATI CHE HANNO LEGALIZZATO IL CONSUMO è SCESO

E non siamo, di certo, i soli a pensarla così: oltre il 70% degli italiani sarebbe concorde a legalizzare l’utilizzo di questa sostanza, come storicamente hanno fatto, o stanno facendo, molti stati come l’Olanda, la Spagna, il Canada e diversi membri degli Stati Uniti d’America, a cui si è aggiunta, dal 1° gennaio 2019, anche la California. La loro esperienza peraltro dimostra che il numero di utilizzatori non cresce dopo la legalizzazione ma porta anzi ad un costante calo.

La politica però la considera ancora una questione secondaria; una semplice questione di costume e non una priorità. La stragrande maggioranza dei partiti e degli esponenti politici di rilievo hanno fatto finta di non capire, cercano, tutt’oggi, di ridicolizzare questa proposta ragionevole: alzano muri di finto perbenismo e di ipocrita moralità pubblica per impedire una seria presa di coscienza, e, in buona parte, anche per non contrastare frontalmente gli interessi della criminalità organizzata e delle mafie. I risparmi potrebbero essere investiti sulla lotta alle droghe pesanti e in campagne informative. Crediamo in uno stato che educhi e regolamenti lasciando all’individuo la libertà di decidere responsabilmente

 

PER QUESTO ABBIAMO SCRITTO LA LEGGE VOTO

In un tale contesto giuridico, la presente “proposta di legge voto” si compone di 9 articoli, una legge chiara e semplice che darebbe certamente immediati benefici ed è volta, sostanzialmente, a:

  • consentire, a determinate condizioni, la coltivazione della cannabis, in forma individuale o associata
  • prevedere la liceità della detenzione di cannabis entro determinate quantità che si presuppongono limitate ad un consumo strettamente personale.
  • disciplinare le condotte illecite prevedendo una differenziazione della pena secondo la sostanza

 

VIVIAMO IN UNO STATO DI DIRITTO

Le libertà individuali fra stato di diritto e stato paternalistico: due cose che non stanno insieme.

I motivi per cui essere a favore della legalizzazione sono tanti e di diversa natura. Innanzitutto, con la legalizzazione, si rigetta implicitamente l’idea di uno Stato paternalistico che, facendo sempre più irruzione nelle vite degli individui, pretende di decidere cosa sia bene e cosa sia male. Se la limitazione della libertà del singolo trova giustificazione solo nel momento in cui va tutelata la libertà altrui, proibire l’uso della cannabis non rientra fra i compiti dello Stato.

Se accettiamo l’idea che, attraverso la legge, lo Stato possa prescrivere cosa sia giusto e cosa sbagliato, ci avviciniamo sempre più ad un modello di Stato religioso/etico e non sul diritto. Sarebbe forse il caso di iniziare a porre, alla base del diritto, non più istanze moraliste ma la difesa delle libertà individuali, presupposto e condizione per esprimere ogni altro valore. Il bene e il male intesi in senso assolutistico sono concetti religiosi. Lo Stato ha il solo compito di far sì che l’individuo sia messo nelle condizioni perché lui stesso possa scegliere cosa sia bene o male per lui, impedendo quindi che questa libertà gli venga sottratta da altri soggetti. Proibire l’uso di droghe è sicuramente facile e solleva anche le coscienze di molti falsi moralisti che, un po’ per ignoranza, un po’ per ingenuità vedono un collegamento diretto fra legalizzazione e aumento della criminalità, come se oggi il mondo malavitoso e quello della droga fossero due realtà separate.

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