D: Come giudica la gestione della sanità’ ragusana in questo periodo d’emergenza?
R: Alle 17 di ieri martedì 28 aprile, secondo i dati quotidiani che ci arrivano dalla Unità di crisi nazionale, la provincia di Ragusa si conferma tra quelle meno colpite non solo della Regione ma del resto d’Italia, con 54 attuali casi positivi, 6 ricoverati, 29 guariti e purtroppo 6 deceduti. Questo dimostra non solo un buon lavoro della nostra sanità provinciale, e del Dipartimento di Prevenzione – Servizio epidemiologia e profilassi in particolare, che si è mostrato eccellente nel ricostruire la catena di contatti delle persone risultate positive e interromperla efficacemente, ma anche un grande senso di responsabilità civica dei nostri cittadini, che stanno rispettando le misure di contenimento imposte. Ho apprezzato anche la sinergia di intenti che ha coinvolto a tutti i livelli le Istituzioni locali, dai Sindaci al Prefetto. Certo, ci sono state segnalate alcune criticità, come la mancanza di dispositivi di protezione individuali per il personale sanitario, o la lunga attesa sull’esito dei tamponi effettuati, ma sono problemi comuni a tutte le aziende sanitarie dell’Isola, dovuti più a inefficienze regionali nella gestione dell’emergenza che alle singole aziende. Per il resto, devo ammettere che dall’Ospedale Maggiore “Covid” di Modica sono arrivati solo riscontri positivi, la struttura ha saputo finora fare fronte a tutte le esigenze e sono stati accolti pazienti provenienti anche da altre province, qualcuno ha parlato anche di un “modello Ragusa”. Anche in queste ore, mi risulta che siano in corso importanti indagini epidemiologiche su tutte le RSA e le Case di Riposo del nostro territorio, per prevenire e spegnere celermente qualsiasi focolaio, dal momento che le cronache nazionali ci mostrano come proprio lì il Covid riesce a essere particolarmente insidioso.
D: Come giudica la gestione della sanità regionale anche alla luce dei dati attuali, che ci vedono come una delle regioni per fortuna meno colpite rispetto ai contagi, pur se non mancano le criticità.
R: E’ vero, la regione Sicilia è la meno colpita, ma non posso non sottolineare come, rispetto alla tempistica con la quale è esplosa l’emergenza nelle regioni del nord Italia, abbiamo avuto un vantaggio temporale di circa un mese e l’abbiamo del tutto sprecato. Avevamo tutto il tempo per approvvigionarci di dispositivi di protezione individuali e di reagenti per tamponi, e invece sotto questo aspetto ci siamo mostrati deboli, lenti e schiavi della burocrazia. Anche i provvedimenti di controllo agli ingressi, sono stati tardivi e spesso contraddittori. Tutte criticità scaturite dalla mancata o tardiva applicazione delle direttive ministeriali per fronteggiare l’emergenza. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se ci fossimo trovati nelle condizioni della Lombardia: le tende da campo nei dipartimenti di emergenza e accettazione per il primo triage dei pazienti che manifestano sintomi influenzali sono state montate in ritardo, e pochissime sono entrate immediatamente in funzione, la maggior parte è rimasta per giorni priva di qualsiasi presidio, senza lettighe, barelle, sedie, bombole d’ossigeno, mascherine, guanti, respiratori portatili e tutto quanto è necessario per renderle efficienti. Inoltre dall’inizio della epidemia ad oggi, nulla è stato riferito dal governo in ordine alla organizzazione delle cure domiciliari attraverso la predisposizione delle cosiddette USCA, (Unità Speciali di Continuità Assistenziale). Nessuna risposta da parte del governo regionale al momento risulta essere stata pronunciata in ordine alla possibilità per i Medici di Medicina Generale, i Pediatri di Libera Scelta e i Medici di Continuità Assistenziale di somministrazione delle cure precoci per i pazienti affetti da Covid ma con sintomi lievi e tali da non richiederne la ospedalizzazione, atteso che, nelle altre regioni la possibilità di somministrare farmaci ad oggi cd “sperimentali” e prescrivibili “off label” si è rilevata determinante per la cura e la guarigione dei predetti pazienti e la conseguenziale decongestioni delle strutture ospedaliere.
Uno dei problemi più evidenti è la lunga attesa per le analisi dei tamponi oro-faringei: la procedura di accreditamento dei laboratori privarti con il SSR è fallita miseramente perché ci si è resi conto, soltanto dopo, delle difficoltà nel reperire i reagenti. Diciamo che c’è stata tanta buona volontà, ma è mancata qualsiasi visione, qualsiasi programmazione nella gestione delle varie fasi dell’emergenza.
D: sei lei fosse stato assessore regionale alla Sanità, quale sarebbe stata a suo avviso la priorità su cui puntare?
R: Sicuramente avrei puntato su una massiccia tamponizzazione della popolazione, così come avvenuto, ad esempio, nella regione Veneto, unica fra le regioni del nord Italia a fronteggiare efficacemente l’epidemia. E poi avrei tutelato maggiormente il personale sanitario, che è quello che sta pagando il contributo, anche in termini di vite, più alto. Avrei individuato nell’immediato, così come fatto dalla Regione Puglia, una sistemazione alternativa alle proprie abitazioni per tutto il personale sanitario impegnato nei raparti Covid, al fine di evitare che lo stesso possa mettere a rischio non solo la propria vita ma anche quella delle rispettive famiglie una volta finito il servizio. Avrei dotato tutti i mezzi di emergenza di ozonizzatori, così da disinfettarli in modo efficace e proteggere personale sanitario e pazienti trasportati. Avrei verificato se tutte le Casa di cura nonché le RSA abbiano adempiuto a quanto prescritto dal Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico, per prevenire e sopprimere i focolai che purtroppo sono stati riscontrati, per esempio, nell’OASI di Troina o in parecchie case di riposo dell’isola, e applicare pesanti sanzioni nei confronti degli inadempienti. E infine avrei garantito la possibilità per cittadini di approvvigionarsi di mascherine al fine di contribuire al contenimento dell’emergenza epidemiologica, distribuendole gratuitamente e in quantità adeguata alle necessità almeno alle fasce più indigenti della popolazione.
D: poltrone e sanità. Purtroppo continua ad essere in Sicilia, e non solo, un binomio attuale. A suo avviso la politica deve e fino a che punto entrare nella sanità? Anche nelle nomine perché magari così se ne assume la responsabilità ?
Partendo dal presupposto che bisognerebbe accentrare il sistema sanitario come un unico grande sistema nazionale e puntare sul pubblico piuttosto che sul privato, la sanità dovrebbe essere garanzia di massima affidabilità e competenza, e pertanto le cariche di vertice dovrebbero essere assegnate esclusivamente per merito e titolo, cercando di attrarre le personalità di spicco piuttosto che giocare al mercato delle poltrone. Invece il Servizio Sanitario Regionale risulta essere mal governato ed indebitamente politicizzato, e sempre più in evidente difficoltà nel garantire l’accesso alle prestazioni di cure, ed organizzato in modo tale che i cittadini siciliani siano indotti a ritenere l’intramoenia e il privato come normali canali di accesso alle prestazioni di cui hanno bisogno. E’ evidente come da decenni il nostro Sistema sanitario sia stato caratterizzato prima di ogni altra cosa dalle clientele, tanto nell’assegnazione delle cariche di vertice chiamate a gestirlo, quanto nella pianificazione della rete sanitaria ospedaliera, che vede spesso la creazione di inutili doppioni a scapito di ciò che serve realmente. Lo stesso vale nell’individuazione dei Primari o di alcune figure di riferimento all’interno delle Aziende Sanitarie, troppo spesso legate al colore di Governo del momento. E’ una conseguenza naturale che poi, in un momento come quello attuale in cui si avrebbe bisogno di solide capacità professionali, gestionali, umane e caratteriali, ci si rende conto dei disastri che ha procurato l’indebita intromissione della politica nella sanità e, dobbiamo riconoscere, di come la classe medica sia in balia di questo sistema che tutto premia tranne che il merito.
D: Oggi più che mai ci siamo accorti che in Italia la sanità ha funzionato ma anche e soprattutto grazie a medici e infermieri.
Il personale medico italiano è eccellente ma purtroppo spesso poco valorizzato o messo a rischio senza le opportune tutele. Mi riferisco alle tante denunce che abbiamo fatto per le aggressioni ai medici dei pronto soccorso e delle guardie mediche, per esempio o al depauperamento senza ritegno delle strutture pubbliche e di conseguenza del personale sanitario, in base a pianificazioni di una rete sanitaria che ha sempre penalizzato l’assistenza territoriale in una visione ospedalocentrica. Soffriamo poi la cronica carenza grave di personale, dai medici di pronto soccorso agli infermieri, nonché l’altrettanto cronica precarietà di altro personale santario altrettanto fondamentale nel reggere la sanità regionale, come i cuochi, gli ausiliari, i manutentori e gli autisti soccorritori. Occorrebbe ad esempio occuparsi in maniera serie del contrasto al c.d. “imboscamento” del personale sanitario negli uffici amministrativi delle ASP, al fine di porre un argine, per quanto possibile, alla carenza di personale, rimettendo in corsia chi da anni, pur essendo stato assunto nelle aziende con precise e determinate mansioni, viene collocato, con motivazioni non sempre cristalline, negli uffici amministrativi.
D: a suo avviso la sanità non va sempre bene perché Stato e Regione negli ultimi anni non hanno dato il giusto peso alle spese sanitarie? E secondo lei perché ?
Una recente inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera ha evidenziato come ammonterebbe a circa 40 miliardi di euro i finanziamenti promessi negli anni dai governi e non realizzati o ridotti: circa 25 miliardi nel 2010-2015 per tagli conseguenti a varie manovre finanziarie e oltre 12 miliardi nel 2015-2019, per non sempre chiare esigenze di spending review. Tagliare equivale a ridurre il numero di ospedali e posti letto, soprattutto nel pubblico, con l’ovvia conseguenza che aumentano le quote del privato convenzionato o da esternalizzare che, però, non sempre garantiscono gli stessi servizi, e dove si mostra in maniera inequivoca la mano lunga della politica. Non a caso i tagli maggiori si sono registrati con il governo Monti (8 miliardi, Finanziarie 2012 e 2013), con il governo Letta (8,4 miliardi, finanziaria 2014) e con il governo Renzi (16,6 miliardi, Finanziarie 2015, 2016 e 2017). La sanità pubblica nel nostro paese è stata una grandissima conquista e rappresenta un vanto e un privilegio che altri non hanno. Basti pensare al folle sistema sanitario americano, dove se non hai un’assicurazione sanitaria di rilievo rischi di non poter accedere alle cure. Paghiamo caro anche un altro grave errore, anch’esso perpetratosi negli anni: la mancanza di attenzione nei confronti della prevenzione e della ricerca, ambiti tra loro molto legati perché la prevenzione ti permette di risparmiare le cure. Si pensi alla totale mancanza di stimoli per un’attività motoria costante, una corretta alimentazione o efficaci campagne conto il fumo, o ancora la mancanza di adeguati investimenti nella ricerca sulle malattie mentali o rare, le più dispendiose da curare e spesso proprio per questo, relegate all’ultimo posto negli interventi da effettuare.